sabato 13 giugno 2009

La Rivoluzione Russa e le sue conseguenze.

Fra tutti gli sconvolgimenti politici e sociali provocati dalla prima guerra mondiale la rivoluzione russa fu il più imprevisto. Nei primi mesi del 1917 uno sciopero generale degli operai di Pietrogrado (dovuto per lo più all'andamento pessimo della guerra) si trasformò in un'imponente manifestazione politica contro il regime zarista. Quando i soldati chiamati a ristabilire l'ordine rifiutarono di sparare alla folla e fraternizzarono coi dimostranti, la sorte della monarchia fu segnata; lo zar abdicò il 15 Marzo (febbraio per il calendario russo) e con la famiglia fu arrestato. La successione al potere fu assunta da un governo provvisorio di orientamento liberale, costituito da membri della Duma e presieduto dal principe L'vov. L'obiettivo era quello di continuare la guerra al fianco dell'Intesa e promuovere l'occidentalizzazione del paese. Condividevano questa prospettiva anche altre forze politiche: i cadetti (liberal-moderati), i menscevichi e i socialisti rivoluzionari, che accettarono di far parte anche ad un secondo governo provvisorio costituito da L'vov, insieme a Kerenskij (ministro della guerra). Gli unici a rifiutare ogni partecipazione al potere furono i bolscevichi, convinti che solo la classe operaia avrebbe potuto assumersi la guida della trasformazione del paese. Inoltre, al potere "legale" del governo si era subito affiancato e sovrapposto il potere dei soviet: soprattutto di quello della capitale, che agiva come una specie di parlamento proletario. Questa era la situazione (molto intricata), quando il leader dei bolscevichi, Lenin, rientrò in Russia nell'Aprile del 1917 diffondendo le cosiddette "tesi di aprile", un documento in dieci punti, che rifiutava il carattere borghese della rivoluzione, pretendeva la fine immediata della guerra, la distribuzione della terra ai poveri e il potere ai consigli degli operai. Nel frattempo aumentavano gli episodi di malcontento tra la popolazione (stanca del conflitto bellico), che venivano superati dal governo solo attraverso dure repressioni. Tuttavia il destino politico di L'vov e Kerenskij era ormai segnato. A settembre, il comandante dell'esercito Kornilov tentò un colpo di stato. Kerenskij reagì facendo appello a tutte le forze socialiste. Le forze militari vennero così stroncate, ma i veri vincitori furono i bolscevichi, i principali protagonisti della mobilitazione popolare. Per Lenin era giunto il momento di rilanciare la parola d'ordine "tutto il potere ai soviet". La decisione di rovesciare con la forza il governo Kerenskij fu presa dai bolscevichi il 23 ottobre in una drammatica riunione del Comitato centrale del partito (molte infatti furono le opposizioni). L'organizzazione dell'insurrezione fu affidata ad un personaggio di grande prestigio, Trotzkij. La mattina del 7 Novembre (25 ottobre per il calendario russo) soldati rivoluzionari e guardie rosse circondarono e isolarono il Palazzo d'Inverno, sede ora del governo provvisorio, e se ne impadronirono nel giro di poche ore. Un assalto incruento: poche vittime e confusi scontri nei corridoi dell'antica reggia. Nello stesso momento si riunì il Congresso panrusso dei soviet, cioè l'assemblea dei delegati dei soviet di tutte le province dell'ex Impero russo. Esso approvò immediatamente due decreti: 1) appello a tutti i popoli dei paesi in guerra per una pace giusta, democratica, senza annessioni e senza indennità, 2) abolizione della proprietà terriera. Veniva frattanto costituito un nuovo governo rivoluzionario (detto Consiglio dei commissari del popolo), composto solo da bolscevichi e con Lenin presidente. L'opposizione a questa presa di forza non fu feroce: gli altri schieramenti politici, infatti, preferirono puntare tutto sull'elezioni dell'Assemblea costituente prevista per Novembre. I risultati furono molto deludenti per i bolscevichi, che ottennero solo 175 seggi su 707. Tuttavia, i seguaci di Lenin non avevano intenzione di rinunciare al potere. I militari bolscevichi obbligarono in tal modo la Costituente a sciogliersi, rilanciando così la politica del loro capo, che ora poteva davvero trovare una realizzazione concreta ed attiva. Per i bolscevichi si presentava adesso il compito di gestire questo potere, di amministrare un paese immenso, di governare una società tanto complessa quanto arretrata. Un impegno reso ancor più difficile dal fatto che i bolscevichi non potevano contare né sull'appoggio delle altre forze politiche, né sulla collaborazione degli strati sociali più elevati. Un'altra situazione molto difficile e stressante era quella della guerra. Lenin fu costretto a stipulare con la Germania una pace separata, ossia il trattato di Brest-Litovsk, che comportò gravissime perdite territoriali per la Russia. Inoltre, le potenze dell'Intesa, ancora in lotta contro gli imperi centrali, consideravano il trattato russo-tedesco un tradimento ed erano molto preoccupate per un possibile contagio rivoluzionario nei loro paesi. Per queste ragioni, l'Intesa iniziò ad appoggiare, anche con proprie truppe, le forze antibolsceviche. Il regime rivoluzionario, che aveva già costituito la Ceka (polizia politica) e un Tribunale rivoluzionario centrale, fu costretto dunque a reagire anche militarmente riorganizzando l'esercito con il nome di Armata Rossa, che si contrapponeva all'Armata Bianca (monarchici-conservatori e soldati dell'Intesa). L'artefice di questo nuovo apparato bellico fu Trotzkij, che nel giro di 2 anni condusse il suo schieramento alla vittoria sui bianchi, mettendo così la parola fine a questa spaventosa guerra civile. La gloria e i trionfi vennero però ben presto messi in secondo piano. Infatti, la nuova Repubblica di Polonia decise di attaccare la debolezza del nuovo regime russo, per recuperare i territori appartenuti alla grande Polonia due o tre secoli prima. In un primo momento, non sembravano esserci speranze per i bolscevichi costretti più volte alla ritirata sul campo di battaglia, ma ben presto l'Armata Rossa riuscì a reagire giungendo fino alle porte di Varsavia. Nel 1921 i due paesi firmarono la pace, ma la vera vincitrice fu la Russia, che dimostrò al mondo che il suo progetto rivoluzionario non era né utopistico né tanto meno illusorio. Nasceva così il primo Stato socialista in un paese arretrato e circondato da potenze ostili. I dirigenti bolscevichi capirono però che il regime poteva sopravvivere solo con l'aiuto del proletariato dell'Europa più progredita. Nel Marzo del 1919 veniva costituita la Terza Internazionale, definita in seguito anche Internazionale comunista (o Comintern). I compiti dell'Internazionale erano fissati in un documento di 20 punti scritti da Lenin stesso, dove vi si affermava tra l'altro che i partiti aderenti al Comintern avrebbero dovuto ispirarsi al modello bolscevico, cambiare il proprio nome con quello di Partito Comunista, difendere in tutte le sedi possibili la causa della Russia sovietica. L'obiettivo numero 1 fu comunque raggiunto: si venne a creare, infatti, in tutto il mondo una rete di partiti ricalcati sul modello bolscevico e fedeli alle direttive del partito-guida, fare insomma della Russia sovietica il centro del comunismo mondiale. I problemi non erano però finiti. Quando i comunisti presero il potere, l'economia russa si trovava già in uno stato di gravissimo dissesto. A partire dall'estate del '18 il governo bolscevico cercò di attuare una politica in campo economico nota col nome di comunismo di guerra. Il primo problema da risolvere era quello degli approvvigionamenti alle città. Per questo furono istituiti in tutti i centri rurali dei comitati col compito di provvedere all'ammasso e alla distribuzione delle derrate: squadre di operai e di contadini poveri percorsero le campagne requisendo il grano degli agricoltori benestanti. Fu incoraggiata la formazione di comuni agricole volontarie i cosiddetti kolchoz e istituite anche delle fattorie sovietiche dette sovchoz, gestite direttamente dallo Stato o dai soviet locali. In campo industriale il comunismo di guerra fu inaugurato da un decreto del Giugno 1918 che nazionalizzava tutti i settori più importanti. Si trattava di una misura di emergenza, che aveva lo scopo principale di normalizzare la produzione e di centralizzare le decisioni più importanti. Grazie al comunismo di guerra il regime bolscevico riuscì ad assicurare lo svolgimento di alcune funzioni essenziali (nutrire l'esercito ad esempio). Ma sul piano economico questa esperienza fu un totale fallimento: disoccupazione, fame, produzione industriale al ribasso, borsa nera, carestie erano fenomeni irrimediabili e all'ordine del giorno. In questa situazione così scura e tetra era normale poi un diffuso malcontento tra i contadini, gli operai e i militari (celebre la rivolta dei marinai nella base di Kronstadt). Fu così che nel X Congresso del partito comunista si decise una parziale liberalizzazione nella produzione e negli scambi. La nuova politica economica (Nep) aveva l'obiettivo principale di stimolare la produzione agricola e di favorire l'afflusso dei generi alimentari verso la città. Ai contadini si consentiva ora di vendere sul mercato le eventuali eccedenze, una volta consegnata una quota fissa dei raccolti. Liberalizzazione si estese anche al commercio e alla piccola industria produttrice di beni di consumo. La Nep ebbe conseguenze benefiche, ma produsse anche effetti imprevisti. Lo spazio concesso, nelle campagne, all'iniziativa privata favorì il riemergere del ceto dei contadini ricchi (kulaki). La liberalizzazione aumentò la disponibilità dei beni di consumo, ma provocò la comparsa di trafficanti (nepmen), che si arricchivano a spese della popolazione urbana povera. Il mercato interno inoltre non decollava e restava alle strette. In queste condizioni cresceva il numero di disoccupati. La classe operaia fu dunque quella maggiormente sacrificata dalle scelte della Nep. La prima costituzione della Russia rivoluzionaria era stata varata nel Luglio del '18. Essa prevedeva che il nuovo Stato avesse carattere federale, rispettasse l'autonomia delle minoranza etniche e si aprisse all'unione con altre repubbliche sovietiche. Già nel '20, alla Repubblica russa si unirono altre province dell'ex Impero zarista (Ucraina, Armenia, Georgia). Nel dicembre 1922 i congressi dei soviet delle singole repubbliche decisero di dar vita all'Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (Urss). La nuova costituzione dell'Urss dava vita a una complessa struttura istituzionale, in cui il potere supremo era affidato al Congresso dei soviet dell'Unione. Il potere reale era però nelle mani del Partito comunista, il vero centro delle decisioni politiche, cui si ispirava l'azione del governo. La dittatura del partito finì per coinvolgere tutte le strutture sociali sovietiche: nuova educazione della gioventù, lotta contro la chiesa ortodossa, possibile solo il matrimonio civile e procedure più semplici per ottenere il divorzio, legalizzato l'aborto, assoluta parità fra i sessi, istruzione obbligatoria fino ai 15 anni etc. Con l'ascesa di Stalin alla segreteria del partito (aprile '22) e la malattia di Lenin (morto nel Gennaio del '24), si scatenò una dura lotta all'interno del gruppo dirigente bolscevico per il problema della burocratizzazione. Stalin riuscì dapprima a emarginare Trotskij (fautore di un continuo sviluppo e di una continua estensione del processo rivoluzionario), contrapponendogli la teoria del "socialismo in un solo paese". Quindi si sbarazzò dell' "opposizione di sinistra" (Zinov'ev e Kamenev), che chiedeva la fine della Nep e l'accelerazione dello sviluppo industriale. Stalin sconfisse in tal modo i suoi rivali ed aprì un nuovo capitolo nella storia dell'Urss, che sarebbe stata caratterizzata dalla continua crescita del potere personale del suo nuovo leader e dal suo tentativo di portare l'Unione Sovietica alla condizione di grande potenza industriale e militare.

Federico Mambelli - Diritti, Istituzioni e Culture Politiche (Storia)

Nessun commento:

Posta un commento

Statistiche del mio blog